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Vecchio 07-04-2010, 06:00 PM
Giuseppe54 Giuseppe54 non è in linea
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predefinito Rocordando Don Angelo

Carissimi amici,
penso possa farvi piacere, estendo a voi, un articolo che avevo estrapolato dal giornale di Lodi la scorsa settimana.


L'immagine del Don che ne emerge e' quanto ci ha sempre raccontato la nostra grande e mitica Isa !

Ora inizia l’avventura
con il tuo amico Gesù
di Arrigo Boccalari
Se sono diventato quello che sono oggi, se riesco a fare il lavoro che mi piace, a vivere di parole, probabilmente lo devo anche a don Angelo. Nel 1975 ero un ragazzino delle medie di San Bernardo, la parrocchia in cui lui si occupava di giovani. Era stato mio insegnante di religione alle elementari e sapeva che me la cavavo con i componimenti scritti. Così mi propose di rappresentare San Bernardo in una gara nazionale promossa da “Avvenire”. Dovevo scrivere un tema e così feci. Non vinsi, ma arrivai tra i primi dieci e il mio nome e quello di San Bernardo campeggiarono in grassetto su una delle pagine del giornale, prima di tanti altri nomi e parrocchie. Credo che fu in quel momento, accanto a don Angelo che si congratulava con me davanti ai miei amici, che presi una decisione: avrei cercato con tutte le forze di lavorare con le parole, in un modo o nell’altro. Ci sono riuscito e di questo sono sempre stato grato a don Angelo, anche se lui non l’ha mai saputo.
Poi gli anni si dilatano e così i ricordi assumono connotazioni sempre meno personali, ma quel prete sorridente e dalla fede immediata e gioiosa resta un punto fermo che non se ne va. E allora rivedo don Angelo sul campetto di San Bernardo, mentre fa le “telecronache” al megafono delle partitelle e poi si tira su la tonaca per mettersi al fianco dei ragazzi che stanno perdendo. Lo rivedo mentre mi parla dei suoi viaggi in bicicletta verso i santuari d’Europa, o durante le Messe agli Scout. Tutti volevano bene a don Angelo, non ho mai sentito un parola di critica nei confronti di quel sacerdote anticonformista, dai capelli lunghi, che sapeva trasformare una celebrazione religiosa in una festa piena di felicità ricca di fede.
Il mio ultimo incontro con don Angelo risale a sei anni fa, un momento doloroso, in una mattina di gennaio, nella “sua” chiesa delle Grazie. Ero di fronte alla morte, a una morte di cui non ho capito il significato e che non ho mai accettato. In quella chiesa c’erano molte persone e c’era anche don Angelo. Lo andai a cercare, per rovesciargli addosso la mia rabbia e la mia disperazione: “Dov’è Dio don Angelo, dov’è?” gli chiesi. Lui mi guardò con uno sguardo pieno di compassione, scosse la testa e allargò le braccia. Quello è il gesto più umano e nello stesso tempo più di fede e abbandono in Dio che ricordo di quei giorni. Don Angelo in quel momento era l’uomo di Chiesa che accetta il dubbio e lo risolve nella fede, ma nello stesso tempo rispetta la disperazione di chi cerca una risposta difficile da trovare su questa terra. Don Angelo era come Cristo, pronto a salire sulla croce, accompagnato da una fede incondizionata, ma che aveva pianto nell’orto degli ulivi. Uomo e Dio.
Sapevo che don Angelo era malato, e anche se non ho mai trovato la forza di andare a salutarlo, ogni sera pensavo a lui tornando a casa dal lavoro. Lanciavo uno sguardo verso le sue finestre, con i lumini accesi sui davanzali, a quelle piccole luci che avrebbero guidato il Signore quando avesse deciso di venire a prendere il suo amico sofferente. Ma Dio non ha avuto bisogno di quei segnali: sapeva dove don Angelo lo stava aspettando. E finalmente ha deciso che era giunto il momento: mi piace pensare che gli abbia teso le mani dicendogli “vieni, servo buono e fedele” e lo abbia portato via con sé, in un posto dove non ci sono più dolore e lacrime, con lunghe discese da fare in bicicletta, senza stancarsi, con i capelli nel vento.

P.S.
Franco, oh Franco !! Ci chiedi se si dorme o si e' al mare ???
Da queste parti stiamo "schiattando dal caldo in città naturalemente !!!

Ciao a tutti

Giuseppe

Carissimi amici,
penso possa farvi piacere, estendo a voi, un articolo che avevo estrapolato dal giornale di Lodi la scorsa settimana.


L'immagine del Don che ne emerge e' quanto ci ha sempre raccontato la nostra grande e mitica Isa !

Ora inizia l’avventura
con il tuo amico Gesù
di Arrigo Boccalari
Se sono diventato quello che sono oggi, se riesco a fare il lavoro che mi piace, a vivere di parole, probabilmente lo devo anche a don Angelo. Nel 1975 ero un ragazzino delle medie di San Bernardo, la parrocchia in cui lui si occupava di giovani. Era stato mio insegnante di religione alle elementari e sapeva che me la cavavo con i componimenti scritti. Così mi propose di rappresentare San Bernardo in una gara nazionale promossa da “Avvenire”. Dovevo scrivere un tema e così feci. Non vinsi, ma arrivai tra i primi dieci e il mio nome e quello di San Bernardo campeggiarono in grassetto su una delle pagine del giornale, prima di tanti altri nomi e parrocchie. Credo che fu in quel momento, accanto a don Angelo che si congratulava con me davanti ai miei amici, che presi una decisione: avrei cercato con tutte le forze di lavorare con le parole, in un modo o nell’altro. Ci sono riuscito e di questo sono sempre stato grato a don Angelo, anche se lui non l’ha mai saputo.
Poi gli anni si dilatano e così i ricordi assumono connotazioni sempre meno personali, ma quel prete sorridente e dalla fede immediata e gioiosa resta un punto fermo che non se ne va. E allora rivedo don Angelo sul campetto di San Bernardo, mentre fa le “telecronache” al megafono delle partitelle e poi si tira su la tonaca per mettersi al fianco dei ragazzi che stanno perdendo. Lo rivedo mentre mi parla dei suoi viaggi in bicicletta verso i santuari d’Europa, o durante le Messe agli Scout. Tutti volevano bene a don Angelo, non ho mai sentito un parola di critica nei confronti di quel sacerdote anticonformista, dai capelli lunghi, che sapeva trasformare una celebrazione religiosa in una festa piena di felicità ricca di fede.
Il mio ultimo incontro con don Angelo risale a sei anni fa, un momento doloroso, in una mattina di gennaio, nella “sua” chiesa delle Grazie. Ero di fronte alla morte, a una morte di cui non ho capito il significato e che non ho mai accettato. In quella chiesa c’erano molte persone e c’era anche don Angelo. Lo andai a cercare, per rovesciargli addosso la mia rabbia e la mia disperazione: “Dov’è Dio don Angelo, dov’è?” gli chiesi. Lui mi guardò con uno sguardo pieno di compassione, scosse la testa e allargò le braccia. Quello è il gesto più umano e nello stesso tempo più di fede e abbandono in Dio che ricordo di quei giorni. Don Angelo in quel momento era l’uomo di Chiesa che accetta il dubbio e lo risolve nella fede, ma nello stesso tempo rispetta la disperazione di chi cerca una risposta difficile da trovare su questa terra. Don Angelo era come Cristo, pronto a salire sulla croce, accompagnato da una fede incondizionata, ma che aveva pianto nell’orto degli ulivi. Uomo e Dio.
Sapevo che don Angelo era malato, e anche se non ho mai trovato la forza di andare a salutarlo, ogni sera pensavo a lui tornando a casa dal lavoro. Lanciavo uno sguardo verso le sue finestre, con i lumini accesi sui davanzali, a quelle piccole luci che avrebbero guidato il Signore quando avesse deciso di venire a prendere il suo amico sofferente. Ma Dio non ha avuto bisogno di quei segnali: sapeva dove don Angelo lo stava aspettando. E finalmente ha deciso che era giunto il momento: mi piace pensare che gli abbia teso le mani dicendogli “vieni, servo buono e fedele” e lo abbia portato via con sé, in un posto dove non ci sono più dolore e lacrime, con lunghe discese da fare in bicicletta, senza stancarsi, con i capelli nel vento.

P.S.
Franco, oh Franco !! Ci chiedi se si dorme o si e' al mare ???
Da queste parti stiamo "schiattando dal caldo in città naturalemente !!!

Ciao a tutti

Giuseppe

Carissimi amici,
penso possa farvi piacere, estendo a voi, un articolo che avevo estrapolato dal giornale di Lodi la scorsa settimana.


L'immagine del Don che ne emerge e' quanto ci ha sempre raccontato la nostra grande e mitica Isa !

Ora inizia l’avventura
con il tuo amico Gesù
di Arrigo Boccalari
Se sono diventato quello che sono oggi, se riesco a fare il lavoro che mi piace, a vivere di parole, probabilmente lo devo anche a don Angelo. Nel 1975 ero un ragazzino delle medie di San Bernardo, la parrocchia in cui lui si occupava di giovani. Era stato mio insegnante di religione alle elementari e sapeva che me la cavavo con i componimenti scritti. Così mi propose di rappresentare San Bernardo in una gara nazionale promossa da “Avvenire”. Dovevo scrivere un tema e così feci. Non vinsi, ma arrivai tra i primi dieci e il mio nome e quello di San Bernardo campeggiarono in grassetto su una delle pagine del giornale, prima di tanti altri nomi e parrocchie. Credo che fu in quel momento, accanto a don Angelo che si congratulava con me davanti ai miei amici, che presi una decisione: avrei cercato con tutte le forze di lavorare con le parole, in un modo o nell’altro. Ci sono riuscito e di questo sono sempre stato grato a don Angelo, anche se lui non l’ha mai saputo.
Poi gli anni si dilatano e così i ricordi assumono connotazioni sempre meno personali, ma quel prete sorridente e dalla fede immediata e gioiosa resta un punto fermo che non se ne va. E allora rivedo don Angelo sul campetto di San Bernardo, mentre fa le “telecronache” al megafono delle partitelle e poi si tira su la tonaca per mettersi al fianco dei ragazzi che stanno perdendo. Lo rivedo mentre mi parla dei suoi viaggi in bicicletta verso i santuari d’Europa, o durante le Messe agli Scout. Tutti volevano bene a don Angelo, non ho mai sentito un parola di critica nei confronti di quel sacerdote anticonformista, dai capelli lunghi, che sapeva trasformare una celebrazione religiosa in una festa piena di felicità ricca di fede.
Il mio ultimo incontro con don Angelo risale a sei anni fa, un momento doloroso, in una mattina di gennaio, nella “sua” chiesa delle Grazie. Ero di fronte alla morte, a una morte di cui non ho capito il significato e che non ho mai accettato. In quella chiesa c’erano molte persone e c’era anche don Angelo. Lo andai a cercare, per rovesciargli addosso la mia rabbia e la mia disperazione: “Dov’è Dio don Angelo, dov’è?” gli chiesi. Lui mi guardò con uno sguardo pieno di compassione, scosse la testa e allargò le braccia. Quello è il gesto più umano e nello stesso tempo più di fede e abbandono in Dio che ricordo di quei giorni. Don Angelo in quel momento era l’uomo di Chiesa che accetta il dubbio e lo risolve nella fede, ma nello stesso tempo rispetta la disperazione di chi cerca una risposta difficile da trovare su questa terra. Don Angelo era come Cristo, pronto a salire sulla croce, accompagnato da una fede incondizionata, ma che aveva pianto nell’orto degli ulivi. Uomo e Dio.
Sapevo che don Angelo era malato, e anche se non ho mai trovato la forza di andare a salutarlo, ogni sera pensavo a lui tornando a casa dal lavoro. Lanciavo uno sguardo verso le sue finestre, con i lumini accesi sui davanzali, a quelle piccole luci che avrebbero guidato il Signore quando avesse deciso di venire a prendere il suo amico sofferente. Ma Dio non ha avuto bisogno di quei segnali: sapeva dove don Angelo lo stava aspettando. E finalmente ha deciso che era giunto il momento: mi piace pensare che gli abbia teso le mani dicendogli “vieni, servo buono e fedele” e lo abbia portato via con sé, in un posto dove non ci sono più dolore e lacrime, con lunghe discese da fare in bicicletta, senza stancarsi, con i capelli nel vento.

P.S.
Franco, oh Franco !! Ci chiedi se si dorme o si e' al mare ???
Da queste parti stiamo "schiattando dal caldo in città naturalemente !!!

Ciao a tutti

Giuseppe
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