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Vecchio 06-28-2009, 03:10 PM
Fioraia Fioraia non è in linea
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predefinito dal Cardinal Martini

Riporto qui una lettera del Cardinal Martini, pubblicata stamani sul Corriere della Sera

Un argomento che non può mancare in una simile corrispondenza è la malattia. Interessa un po’ tutti, direttamente o indirettamente, e suscita molte e gravi questioni: perché la malattia, e perché questa malattia a me? è colpa dei miei peccati e/o delle mie trascuratezze (fumo, alcool ecc.) o è un castigo misterioso di Dio per colpe che ignoriamo, oppure è nulla di tutto questo? E poi: non è ingiusto Dio nel mandare malattie, soprattutto a coloro che più devotamente lo hanno servito? perché tanta sofferenza soprattutto con persone innocenti? perché Gesù ha guarito i malati? perché Gesù non ha risanato tutti i malati del suo tempo? E inoltre: possiamo aver fede nei racconti di guarigione di Gesù riferiti dai Vangeli? esistono ancora oggi fenomeni di guarigione «miracolosa»? e come comportarsi per trarre frutto dalla malattia e non lasciarsi prendere dal pessimismo o dalla disperazione? ecc. ecc.

Un grave errore sarebbe certamente quello di cercare risposte solo razionali a un fenomeno che razionale non è, oppure trascurare il Maestro interiore.

Quanto all’origine della malattia da peccati palesi o nascosti, Gesù ha atteggiamenti diversificati, a seconda delle persone. Ai discepoli che lo interrogano sul cieco nato, se ha peccato lui o i suoi genitori, risponde: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio» (Giovanni 9,3). Ma al paralitico guarito a Gerusalemme dice: «Ecco che sei guarito: non peccare più». (Giovanni 5,14). In ogni caso parecchie delle lettere che ricevo mi sono di esempio e di aiuto nel superare le difficoltà dovute al morbo di Parkinson. Citerò, tra le altre, due che mi sono state di vera consolazione. Mostrano che non è tanto «trovando le ragioni» della propria malattia, ma cercando di «farsene una ragione», traendone l’impulso ad aiutare anche altri, che si può superare l’inevitabile depressione che accompagna ogni coscienza di malattia un po’ grave.
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